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Il mito del Kurfürstendamm


Uno dei „miti“ di Berlino, presente sulla top ten list di quasi tutti i turisti, è il famoso viale del “Kurfürstendamm”, cuore dell’ovest della città. Può accadere però a molti di visitarlo e rimanere con diversi punti interrogativi. Certo, una strada lussuosa con negozi delle migliori marche… ma… perché è così famoso?


All’inizio il Kurfürstendamm non era null’altro che una strada di collegamento per i principi elettori tra il castello cittadino e quello di caccia nel bosco del Grunewald. La zona intorno alla strada iniziò a popolarsi solo nel diciannovesimo secolo. Berlino stava diventando sempre più una metropoli industriale, crescendo a ritmi impressionanti (dal 1816 al 1871 si registra un aumento della popolazione da 200.000 a 900.000 abitanti), e per sfuggire all’aria “pesante” portata dall’industrializzazione, i cittadini abbienti iniziarono a costruire nella parte ovest della città. (A Berlino, infatti, il vento soffia quasi sempre da ovest a est. Così portava l’aria fresca della campagna e non gli scarichi della città!)


L’intuizione per l’ampiamento della strada la ebbe nientepopodimeno che… Otto von Bismarck. Nel 1871, dopo la gloriosa vittoria sui francesi e la proclamazione dell’impero tedesco nella sala degli specchi di Versailles, era rimasto estremamente colpito dalla pomposa estensione degli Champs Elisées a Parigi, tornando a Berlino con la visione di una promenade sfarzosa degna della nuova capitale tedesca. Certo, con i suoi 53 metri d’ampiezza il Kurfürstendamm alla fine misurò solo la metà del grande modello, ma la visione era programma. Alcuni anni dopo già si diceva: “Chi vuole andare avanti nella vita deve abitare al Kurfürstendamm. O almeno a Berlino ovest”.


Perché íl boulevard e tutto il quartiere divennero ben presto l’alternativa moderna, dinamica e intellettuale al centro di Berlino. Il “Café des Westens” e il “Romanisches Café” erano famosi in tutto il mondo, con clienti del calibro di Richard Strauss, Bertold Brecht, Max Liebermann, Erich Marie Remarque o Alfred Döblin. Poco vicino si potevano ammirare le esposizioni della “Secessione” berlinese con opere di Wassily Kandinsky, Paul Klee, Käthe Kollwitz, Claude Monet, Heinrich Zille o Edvard Munch. E ad ogni angolo spuntavano locali, sale cinematografiche, teatri, cabaret. Nessun’altra strada di Berlino può rappresentare meglio il mito della modernità, dell’intellettuale e trasgressiva avanguardia degli anni venti.


Proprio quell’immagine di società “decadente” demonizzata dai nazisti. Tanto che già nel 1927 Joseph Goebbels organizzò una delle prime aggressioni deliberate mandando 600 uomini delle SA a pestare e distruggere al Kurfürstendamm. I bersagli: ebrei e ritrovi di intellettuali. Un’aggressione che era programma. Nel 1939, il Kurfürstendamm era praticamente “arianizzato” e prosciugato intellettualmente.


Dopo la guerra e soprattutto dopo la costruzione del muro, il boulevard tornò a diventare un importante centro culturale. Certo, non ai livelli degli anni venti. Ma poco importa. Perché quei brevi anni furono talmente intensi, fecondi e innovativi, che nutrono ancora oggi il mito.





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